Kibogo è salito in cielo by Scholastique Mukasonga

Kibogo è salito in cielo by Scholastique Mukasonga

autore:Scholastique Mukasonga [Mukasonga, Scholastique]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Utopia
pubblicato: 2022-05-23T22:00:00+00:00


KIBOGO

Di Bazungu come quelli che arrivarono durante la stagione secca, non ne avevamo ancora mai visti.

Eppure di Bazungu sulla collina ne erano passati, e di ogni tipo! All’inizio, c’erano i padri, quelli lì sembrava fossero qui da sempre: c’era il padri che veniva di tanto in tanto fino alla succursale a dire messa e confessare tutti coloro che avevano peccati da confessare, e poi i padri della grande missione: alla fine non li consideravamo neanche più dei veri Bianchi tanto ci si era abituati a quei vecchi barbuti, e la loro maniera bizzarra di pronunciare il kinyarwanda non ci faceva neanche più ridere, i padri erano fatti così! E poi ce n’erano stati altri, di padri, giovani, nuovi e arrivati da poco, che parlavano tra loro una lingua che non era la stessa dei vecchi padri ma che, per noi, restavano comunque dei Bazungu. Dicevano di essere venuti in Ruanda apposta per aiutare i poveri, le pecorelle del Signore, che il loro Yézu non amava chi possedeva grandi mandrie di vacche e le teneva solo per sé né i chef che facevano lavorare il povero popolo senza pagarlo, quelli loro li detestavano. I vecchi padri avevano creato compagnie di danzatori intore nelle loro scuole; i nuovi, squadre di calcio. I danzatori avevano il torso nudo e le criniere di sisal come i guerrieri di una volta, i giocatori di calcio avevano pantaloncini corti e magliette come i piccoli Bazungu.

E poi c’erano i Bazungu che volevano insegnare ai contadini a coltivare, gli agronomi. Dicevano che avrebbero insegnato a coltivare come facevano loro perché quei poveri contadini non sapevano neanche piantare dritto, come facevano loro, in filari, che era così che bisognava piantare. Che non andava bene mescolare tutto, lasciare che i fagioli si arrampicassero sui gambi del mais e, peggio ancora, sotto i banani! Bisognava separare tutto: a ciascuno la sua parcella. E poi c’erano troppi banani, bisognava, dicevano, «sfoltire» il bananeto. E i poveri contadini hanno tagliato i loro banani e, perfino, con la rabbia nel cuore, gli intuntu le cui banane servono per la birra. E soprattutto, c’erano le piante di caffè che era obbligatorio piantare. Le piante di caffè occupavano tutto il tempo e quasi tutto lo spazio, e i fagioli e le patate dolci, il nostro cibo quotidiano, venivano trascurati. Tutto quello che fino ad allora veniva tenuto da parte per concimare il terreno delle piante da cibo – gambi di sorgo e di mais, foglie secche di banano – adesso serviva a pacciamare le piante di caffè. Guai ai negligenti, piombavano ammende quando non erano scariche di nerbate. Ma non era l’agronomo il più cattivo: era il suo subalterno agricolo ruandese che andava dietro al padrone come un cagnolino. Superbo, pieno di disprezzo. Come poteva lui far capire a dei contadini ignoranti ciò che diceva l’agronomo? Il subalterno indossava stivali mentre i contadini andavano a piedi nudi.

E c’erano pure i Bazungu che passavano in macchina. Non si sapeva come avessero fatto a finire sulla nostra pista malconcia.



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